RIFORMA RAI E INFORMAZIONE, ISTITUTO PRIVACY: GOVERNO INTERVENGA SU PLURALISMO 2.0

Roma, 17 marzo 2015 – Con l’occasione dell’intervento sulla riforma della RAI, previsto per questo venerdì in Consiglio dei Ministri, l’Istituto Italiano per la Privacy e la Valorizzazione dei Dati chiede al Governo italiano di introdurre anche modifiche al D. Lgs. 177/2005, nella parte in cui include anche i motori di ricerca on line sotto la vigilanza di Agcom, per il computo dei mercati rilevanti per il Sistema Integrato delle Comunicazioni.

Lucio Scudiero, consigliere dell’Istituto, commenta: “Non di sola RAI è fatto il pluralismo dell’informazione in Italia: dal 2012, una norma di legge sbagliata ha infatti equiparato i motori di ricerca ai fornitori di contenuti audio-visivi, includendoli nella regolazione preventiva normalmente riservata agli editori. Si è commesso, allora, un grave errore di fondo che rischia di collidere con la stessa libertà di ricerca e accesso all’informazione tutelata dall’art. 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e dall’art. 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, e con le opportunità di libertà e di pluralismo assicurate dalla rete. A ben guardare, il decreto Romani e le sue successive modifiche contraddicono anche le prescrizioni della direttiva sul commercio elettronico 2000/31/CE relative agli ISPs che offrono servizi di mere conduit, caching e hosting, giacché l’indicizzazione dei dati raccolti dai motori di ricerca risponde a criteri pre-determinati neutralmente da un algoritmo, senza alcun intervento sui contenuti da parte del provider.”

Scudiero aggiunge: “Considerare gli introiti pubblicitari del motore di ricerca all’interno dei mercati rilevanti a fini di tutela del pluralismo dell’informazione significa ritenerlo responsabile dei contenuti stessi che esso indicizza, come se il motore di ricerca avesse la possibilità di controllarne il merito. I motori di ricerca sono abilitatori di pluralismo e, peraltro, non raccolgono pubblicità sulla base dell’audience, come invece fanno gli editori, bensì per la precisione con cui servono gli interessi degli utenti e degli inserzionisti attraverso i servizi di ricerca che offrono. Anche per questo, includerli nel Sic é stato sbagliato. L’Istituto Italiano per la Privacy e la Valorizzazione dei Dati ha dimostrato con uno studio economico-giuridico (disponibile cliccando qui) queste contraddizioni e gli effetti positivi dei motori di ricerca sul traffico generato verso piccoli editori, e ne ha presentato i risultati la scorsa settimana alla Camera dei Deputati. Il Governo venerdì si occupa di RAI e di pluralismo dell’informazione: colga l’occasione per rimettere l’Italia in linea con le regole fondamentali di libertà e pluralismo in ambito digitale che contraddistinguono i Paesi più evoluti.”