“VITA DA PRIVACYISTA” PUNTATA 45 – 1 ESPERTO/A ALLA SETTIMANA, 20 DOMANDE FUORI DAGLI SCHEMI

“VITA DA PRIVACYISTA” – Quarantacinquesima puntata – 1 esperto/a alla settimana, 20 domande fuori dagli schemi

A cura di Luca Bolognini

La rubrica-intervista che raccoglie idee originali dai migliori esperti di privacy e diritto dei dati in Italia e all’estero. L’esperto di questa settimana è…

  1. Nome, cognome, ruolo oggettivo e ruolo “putativo/desiderato”

Pasquale Annicchino, ricercatore in tenure track (Rtd-B), abilitato a Professore associato. Insegno presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Foggia. Spero di continuare nel mio percorso accademico con particolare attenzione al tema dei dati e delle nuove tecnologie.

  1. Perché e quando iniziasti a occuparti di privacy e protezione dei dati personali?

A dire il vero ho sempre coltivato l’interesse per l’interazione fra il diritto e le nuove tecnologie anche se poi nel mio percorso accademico ho poi intrapreso altre strade. Sono tornato ad interessarmi in maniera più intensa di protezione dei dati personali a partire dal 2017, sia a livello accademico che a livello professionale.

  1. Cosa ti annoia della privacy/data protection?

Nulla in particolare. Devo dire che alcuni processi relativi agli adempimenti e alla garanzia della compliance potrebbero risultare noiosi dal punto di vista professionale.

  1. Gli anglicismi sono inevitabili per chi si occupa di questa materia (come il latinorum per altri ambiti), o ci stiamo sbagliando?

Come spesso mi accade, non ho una posizione di principio sul tema. Utilizzo un anglicismo se è utile, provo ad evitarli se non lo sono.

  1. Pensi che la privacy stia a cuore della gente? È davvero “pop” o non interessa niente?

Penso che in molti Paesi stiamo assistendo ad una evoluzione relativa al ruolo della privacy anche nelle scelte di mercato dei consumatori. Così come è sempre più evidente che la tutela della privacy coinvolge anche il settore pubblico. Le aziende e gli Stati non potranno non tener conto anche di questo nuovo approccio culturale.

  1. Come gliela spieghi, questa disciplina, ai bambini delle elementari?

Quando mi trovo a parlare a persone molto più giovani di me provo a sintonizzarmi con il loro immaginario. Per questo provo a fare riferimento alla loro cultura pop di riferimento provando a leggere anche cose che non rientrerebbero nel mio campo canonico di interessi.

  1. L’ora, secondo te, più buia per la privacy in Europa negli ultimi 10 anni?

Probabilmente questi ultimi anni in cui stiamo assistendo ad una crescente marginalità dell’Europa sulle questioni della componentistica hardware. Consiglio a tal proposito di leggere il bel libro di Alessandro Aresu dal titolo “Il dominio del XXI secolo. Cina, Stati Uniti e la guerra invisibile sulla tecnologia).

  1. L’ora, secondo te, più luminosa per la privacy in Europa negli ultimi 10 anni?

Probabilmente gli ultimi anni con l’influenza globale del GDPR  e il “Brussels effect”.

  1. I consulenti, i DPO e i privacy officer stanno diventando decine di migliaia. Un male o un bene?

Come in altri settori anche questo è un mercato che, con il tempo, troverà un suo bilanciamento. Tuttavia credo che la formazione che tanto persone hanno ricevuto sia un bene, in generale, per la cultura della protezione dei dati personali.

  1. I dati personali sono monete?

A chi non è capitato di avere un servizio gratis fornendo i propri dati personali? Devo fare qualche esempio?

  1. Quando leggi notizie di dure sanzioni alle imprese, esulti o ti preoccupi?

C’è da dire che ormai vediamo sempre più spesso anche sanzioni contro enti pubblici. Tendo a considerare la sanzione sempre come l’ultima spiaggia e mi riesce davvero difficile esultare se qualcuno viene sanzionato. Faccio una dovuta eccezione per le sanzioni sportive ad alcune società di calcio.

  1. Con sincerità e senza retorica: credi che il “consenso preventivo dell’interessato” sia ancora una buona idea nel “tutto digitale”?

Abbiamo costruito parte importante dell’infrastruttura giuridica sul ruolo del “consenso”. Questo probabilmente è stato anche il risultato di una parziale egemonia sul tema degli studiosi di diritto privato. E’ interessante ora osservare lo spostamento della regolazione dal diritto privato al diritto pubblico con le conseguenze che possiamo immaginare su un istituto come quello del consenso.

  1. Con sincerità e senza retorica: è davvero possibile sintetizzare e rendere semplici i tanti contenuti obbligatori di un’informativa privacy?

No, soprattutto se utilizziamo solo il testo. Guardo con interesse alle più recente iniziative che si fondano su diverse modalità d’espressione dei contenuti dell’informativa.

  1. Leggi sempre le informative privacy e le cookie policy sui siti e sulle app che utilizzi personalmente?

No. Non avrei tempo per fare altro altrimenti.

  1. DPO più top manager o più mini-garante?

Credo che questo dipenda sia dalla personalità del DPO che dall’organizzazione nella quale è inserito.

  1. Un tuo consiglio di metodo a un giovane DPO.

Impostare fin dall’inizio un rapporto diretto con il management senza farsi influenzare dalle sue scelte.

  1. L’Unione Europea fa troppe regole e frena l’innovazione: vero o falso?

Ovviamente non riesco a rispondere vero o falso. Credo che abbiamo raggiunto un punto in cui sul digitale l’ecosistema regolatorio sta diventando particolarmente complesso e sarà forse, a breve, necessaria una razionalizzazione.

  1. Il GDPR è al passo con l’Intelligenza Artificiale e il Metaverso?

Non offro la mia risposta, ma quella che stanno offrendo le istituzioni: visto l’ammontare di nuove iniziative legislative pare di no. Costituisce sicuramente un’ottima base di partenza.

  1. Tra dieci anni: protezione dei dati o protezione degli effetti personali?

Credo che le innovazioni tecnologiche ci costringeranno a riconsiderare profondamente la protezione dei diritti fondamentali. La digitalizzazione ha un effetto orizzontale.

  1. Puoi consigliare un libro, che non sia “L’Arte della Privacy”, ai tuoi colleghi e collaboratori. Quale e perché?

Mi è capitato di consigliere ad alcuni studenti di leggere il breve, ma denso, libro di Darren Byler dal titolo “In the camps. China’s high tech penal colony” utile a comprendere le derive della società della sorveglianza.