Al Presidente Conte, al Governo, a Vittorio Colao e ai Componenti del Comitato per la Fase 2, consigli giuridici per abilitare un controllo distribuito dei contagi nel rispetto della normativa privacy

Al Presidente Conte, al Governo, a Vittorio Colao e ai Componenti del Comitato per la Fase 2, consigli giuridici per abilitare un controllo distribuito dei contagi nel rispetto della normativa privacy

Roma, 16 aprile 2020 – Dall’Istituto Italiano per la Privacy, un suggerimento tecnico-giuridico indirizzato al Presidente Conte, al Governo e al Dott. Vittorio Colao e tutti i Componenti del Comitato di esperti per la Fase 2 dell’emergenza COVID-19: non si concentrino unicamente sull’adozione di soluzioni tecnologiche a “guida statale centralizzata”. Favoriscano una collaborazione tecnologica diffusa e capillare sul territorio, da parte delle imprese, degli enti pubblici e delle parti sociali. Ma tengano presente che, senza un emendamento emergenziale al Codice Privacy (D.lgs. 196/2003) e allo Statuto dei Lavoratori (L. 300/1970), pur entro i margini di manovra ammessi dal Reg. 2016/679/UE (GDPR), questa collaborazione strategica si rivelerà molto difficile.

L’app di cosiddetto contact tracing – sia essa d’invenzione italiana o europea o globale oppure, più verosimilmente, mista con la collaborazione di colossi del web e delle telecomunicazioni – dovrebbe rappresentare soltanto un tassello della strategia di contenimento e contrasto tecnologico del coronavirus, in Fase 2.

Ammesso che l’app centrale funzioni – [e probabilmente funzionerà se: 1. non si seguirà un approccio “all’acqua di rose”, benpensante, che ingenuamente vorrebbe l’app attivabile solo su base volontaria e facoltativa; 2. il sistema prevedrà anche la geolocalizzazione in aggiunta al diario dei contatti bluetooth, per rintracciare gli spostamenti a rischio di chi sia stato vicino a persone positive (es. su un autobus) senza avere l’app attiva; 3. vi sarà una sufficiente e affidabile estensione della copertura di tamponi e test sulla positività della popolazione; 4. si definirà quali azioni dovranno “scatenarsi” dopo la rilevazione di contatti a rischio, al di là del mero alert sul telefono] – si dovrà comunque prevedere anche una strategia di controlli anti-COVID-19 tecnologici diffusi/distribuiti. Solo grazie al controllo distribuito e “decentralizzato”, e quindi all’impegno proattivo di imprese, enti pubblici e parti sociali, si potranno adottare misure preventive adeguate e capillari.

A tal fine, si rivelerà essenziale autorizzare ex lege le imprese e gli uffici pubblici, aperti o in riapertura, ad effettuare verifiche preventive su alcuni parametri di stato di salute, sulla dotazione di DPI (es. mascherine indossate) e sugli spostamenti dei soggetti che entrano o si trovano nel perimetro fisico delle loro sedi.

Queste verifiche dovrebbero riguardare sia dipendenti e fornitori – e già abbiamo il DPCM 10 aprile 2020 e il Protocollo Governo-Sindacati del 14 marzo 2020 a contemplare accorgimenti di sicurezza e prevenzione, come la misurazione della temperatura corporea – sia terzi visitatori, a maggior ragione nel caso di attività a contatto col pubblico. Uno scenario assai probabile comporterebbe l’esigenza di controlli mirati ma sistematici e su larga scala, spesso aventi ad oggetto grandi numeri di persone-target in contesti di intensa movimentazione (si pensi al caso di grandi centri commerciali con decine di ingressi e migliaia di avventori) e dunque, inevitabilmente, da eseguirsi mediante sistemi in buona parte automatizzati.

Per abilitare rapidamente imprese ed enti all’effettuazione di questi controlli, tramite l’uso di strumenti tecnologici avanzati (es. termoscanner, sensori di presenza, videocamere intelligenti, contatori, perfino apparecchi di diagnosi rapida della positività) sarebbe necessario prevedere un intervento legislativo, che derogasse temporaneamente all’obbligo di previo accordo sindacale e/o autorizzazione amministrativa, ex art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, ed attenuasse il divieto, previsto dall’art. 5 del medesimo Statuto, di accertamenti sanitari da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia del lavoratore dipendente, almeno limitatamente alle sintomatologie e alle diagnosi specifiche del COVID-19.

Importante, inoltre, sarà la corretta regolamentazione delle azioni di trattamento e condivisione di dati, conseguenti ad un eventuale accertamento di rischio elevato e/o sintomatologie rilevanti e/o positività di un visitatore o di un lavoratore, di modo che l’impresa/l’ente possa allertare nei giusti tempi e modi l’autorità di sanità pubblica e il sistema di protezione civile per i provvedimenti e le cure del caso.

Naturalmente, tali trattamenti di dati personali, anche sensibili, dovrebbero rispettare i principi di minimizzazione, di integrità e riservatezza, e di limitazione della finalità e della conservazione, con obbligo tassativo di cancellazione delle informazioni non appena esse smettano di risultare necessarie allo scopo di prevenzione e sicurezza sanitaria. Mai potrebbero essere usati questi dati per fini disciplinari o discriminazioni sul lavoro. A rinforzo, potrebbe essere introdotta nell’ordinamento una fattispecie di delitto per la violazione di tali principi nel trattamento di dati personali raccolti per scopi di prevenzione e sicurezza sanitaria anti-COVID-19 da parte di titolari pubblici e privati.

Se il “controllo distribuito” non verrà previsto e sbloccato a monte, dal legislatore e dal Governo, con una norma di legge e alcuni pezzi di regolamenti secondari attuativi ad hoc, le imprese e gli enti pubblici non potranno operare controlli in maniera rapida, massiva, efficiente ed efficace. Senza normativa di copertura, la collaborazione strategica di imprese, enti e parti sociali si rivelerà almeno parzialmente incompatibile con la vigente legislazione o, comunque, con le tempistiche richieste dall’emergenza: la disciplina in materia di protezione dei dati personali, da un lato, e quella in materia di tutela dei lavoratori, dall’altro, allungherebbero i passaggi oltre il necessario, impedendo persino del tutto – in alcuni casi – di attivare alcuni utili controlli tecnologici di prevenzione per mancanza di una base giuridica.

La prontezza d’intervento e reazione, in questo periodo di avvicinamento della Fase 2, sarà invece cruciale. Se ne tenga conto nella stesura dei prossimi Decreti Legge e DPCM, e per le successive ordinanze del Ministro della Salute e del Capo del Dipartimento della Protezione Civile.