Codice Cyberbullismo: idea interessante ma molte le criticità

Roma, 24 febbraio 2014 – L’Istituto Italiano per la Privacy e la Valorizzazione dei Dati vede luci ed ombre nell’iniziativa del Ministero dello Sviluppo Economico per contrastare il cyberbullismo mediante un nuovo codice di autoregolamentazione. I fini sono buoni, e buona e necessaria è l’idea di mettere a disposizione dei bambini un “bottone” o qualcosa di simile (e semplice) perché possano chiedere aiuto se vittime di cyberbullismo. Ciò che non convince sono i poteri di censura immediata e una serie di imprecisioni nelle definizioni legali. E’ anche opportuno evidenziare come vi siano già due iniziative di self regulation attive a livello europeo in materia di sicurezza dei bambini, con impegni precisi su temi non dissimili da quelli toccati dalla proposta MiSE e che hanno come firmatari diverse aziende italiane e multinazionali: la CEO Coalition con “Better Internet for kids” (http://ec.europa.eu/digital-agenda/sites/digital-agenda/files/ceo_coalition_statement.pdf) e la ICT coalition, con gli impegni 3 e 6 (http://www.ictcoalition.eu/).

Di seguito alcuni commenti di IIP all’articolato proposto dal Ministero:

Articolo 1
La definizione degli operatori è vaga. Inoltre, manca una definizione precisa di cyberbullismo e delle relative condotte.

Articolo 2
Al comma 2 si prevede che i sistemi di segnalazione siano nella lingua dell’utente che fa la segnalazione, ma questo può rivelarsi impossibile e imprevedibile (come prepararsi ad un utente che parli solo una lingua remota e rara? Il criterio deve essere quello del linguaggio disponibile tra quelli con i quali funziona il sito)

Articolo 3
Al comma 1 non si specifica in cosa consista la “qualificazione” del personale addetto alla ricezione e valutazione delle istanze. Inoltre, si parla di “rimozione di contenuti lesivi” senza specificare come discriminare tra contenuti che consistano in legittima libertà di espressione e/o diritto di critica e/o cronaca. La tempistica per questa rimozione – a rischio di arbitrarietà – appare troppo breve (due ore sono ingestibili e non possono fare valutare attentamente una fattispecie concreta). Lo scopo dichiarato di rimuovere i contenuti “al fine di evitare che le azioni si ripetano e/o si protraggano nel tempo, amplificando gli effetti che la condotta del cyberbullo ha in Rete sulla vittima” rischia di costituire una posizione di garanzia e protezione civilistica di notevole pesantezza a carico dell’operatore. Il comma 2, prevedendo oscuramenti cautelari temporanei di contenuto, non è chiaro: se due ore non sono considerate già cautelari, tale comma deve essere interpretato nel senso del filtro preventivo? Questo articolo, pur nella bontà delle intenzioni, può aprire la strada a censure non regolate di contenuti che costituiscono libertà di espressione, se non si definisce precisamente il perimetro.

Articolo 4
Al primo comma si richiama la normativa sulla “riservatezza” mentre andrebbe richiamata la normativa in materia di protezione dei dati personali. Non è chiaro, inoltre, in cosa possano consistere tali “politiche” per risalire all’identità degli utenti: si tratta di programmi di gestione e verifica delle identità? Di conservazione sistematica di indirizzi IP utente di accesso alla rete combinati con gli IP di destinazione? E’ noto che l’IP non è indicatore di identità dell’utente.

Articolo 5
Il comma 2 presenta una sanzione di carattere superfluo, mentre sarebbe necessario indicare conseguenze di esclusione dal Comitato della parte inadempiente e di segnalazione pubblica del mancato rispetto del Codice, per renderlo effettivamente utile.

Per leggere la bozza del codice:
http://www.sviluppoeconomico.gov.it