GOOGLE-VIVIDOWN, ISTITUTO PRIVACY: SENTENZA EQUILIBRATA, MA SERVONO EVOLUZIONI NORMATIVE

GOOGLE-VIVIDOWN, ISTITUTO PRIVACY: SENTENZA EQUILIBRATA, MA SERVONO EVOLUZIONI NORMATIVE

Roma, 13 aprile 2010 – Nel nuovo libro dell’Istituto Italiano per la Privacy, Next Privacy, il futuro dei nostri dati nell’era digitale” (ed.Rcs Etas), diversi capitoli sono dedicati proprio alle responsabilità dei motori di ricerca e dei social networks stranieri per i contenuti generati dagli utenti. Si parla anche del caso Google-Vividown.
Luca Bolognini, presidente dell’Istituto e co-autore del libro, commenta così le motivazioni della sentenza rese note ieri: “E’ una pronuncia di primo grado, quindi non definitiva, non dimentichiamolo. Ma dopo tanto clamore e svariate supposizioni, si conferma la nostra analisi: il giudice Magi ha scritto motivazioni convincenti ed equilibrate per quanto riguarda il profilo di responsabilità privacy degli internet provider che trattano dati di terzi per scopi pubblicitari: non si impone alcun obbligo di filtro o monitoraggio preventivo a Google, ma solo diligenza trasparente, cioè più informative privacy e avvertenze legali chiare. Meno convincente ci pare il “salto” dal civile/amministrativo al penale-personale dei dirigenti: a questo proposito, potrebbe essere meglio specificata e migliorata, con una modifica legislativa, la portata penale dell’art. 167 del Codice privacy, adeguandolo all’evoluzione delle tecnologie.” L’avvocato Rocco Panetta, Membro del Comitato Scientifico dell’Istituto Italiano per la Privacy, aggiunge: “Come avevamo immaginato, la lettura delle attese motivazioni della sentenza non ha deluso, anzi fa chiarezza: si conferma un caso di applicazione penale delle norme in materia di privacy, a causa di una acclarata – in primo grado – sottovalutazione degli elementi di base del sistema europeo ed italiano di circolazione dei dati personali. La cosa non sorprende, è ancora molta la strada da fare per rendere informativa, consenso, misure di sicurezza, trasferimento all’estero di dati personali, anche sensibili, strumenti di ordinaria corporate governance, al tempo stesso al servizio dei cittadini e a tutela dei loro dati. Libertà di espressione e comunicazione su Internet non sono, per ora, messe in discussione, tuttavia non si può trascurare l’urgenza, sottolineata anche dai giudici di Milano, di dotare Internet di una legislazione transnazionale ampiamente condivisa”.