REATI SU INTERNET, ISTITUTO PRIVACY: SI’ A NUOVE NORME RISPETTOSE DELLA UE E DELLA COSTITUZIONE, PRUDENZA CON L’AUTOREGOLAMENTAZIONE NAZIONALE

REATI SU INTERNET, ISTITUTO PRIVACY: SI’ A NUOVE NORME RISPETTOSE DELLA UE E DELLA COSTITUZIONE, PRUDENZA CON L’AUTOREGOLAMENTAZIONE NAZIONALE

Roma, 23 dicembre 2009 – Adnkronos – Il Ministro dell’Interno Maroni ha dichiarato che l’intenzione non sarebbe più quella di legiferare in materia di crimini on line (diffamazioni, apologie di reato, ecc.) bensì, viste le proteste che accusano una tale scelta di “censura” e “attacco alla libertà della Rete”, quella di un codice di autoregolamentazione, presumibilmente concordato tra Governo e industrie di internet.

Luca Bolognini, presidente dell’Istituto Italiano per la Privacy, è scettico e non condivide la direzione intrapresa: “Se una decretazione d’urgenza era sbagliata, un accordo tra potere esecutivo e imprese private in materia di libertà civili e diritto penale è ancora più pericoloso e fuori luogo. Le autoregolamentazioni si dovrebbero favorire in materia di libertà economiche, o per dare maggiori garanzie agli utenti e con la partecipazione di questi alla trattativa, e non per stabilire a tavolino norme con effetti penali e comprimenti le libertà fondamentali, che devono rimanere tassative, vincolate alla legge e riferite ai poteri della magistratura ordinaria.Per chiarezza, seguendo questa opzione si passerebbe dalla padella alla brace: si vuole evitare l’ingerenza del Governo sulla libertà di espressione e di internet, si contesta un possibile decreto e poi si accetta un patto tra imprese ICT e Governo su temi così delicati?”

Bolognini aggiunge: “Il rischio far west su internet c’è, ma le soluzioni sono altrove. Molto meglio un dibattito parlamentare, sano e aperto, che porti all’approvazione di alcuni aggiornamenti legislativi compatibili con la UE, come il cosiddetto “anonimato protetto”: ogni utente dovrebbe essere identificato con certezza dal provider al momento dell’accesso al web, restando tuttavia libero di risultare anonimo verso chiunque nella navigazione; in caso di reato, però, un magistrato potrebbe “togliergli la maschera” e identificarlo. Meglio ancora un’evoluzione della normativa europea, a monte, che dia poteri più efficaci ai giudici nella repressione dei reati on line, estendendo l’ambito applicativo della Direttiva 2006/24/CE anche ai content providers (motori di ricerca, social networks) e prevedendo l’obbligo di conservazione per 12 mesi dei contenuti che siano anche dati di traffico (es. IP di destinazione), oggi esclusi dalla normativa ed invece indispensabili per rintracciare i delinquenti su internet.”