Dati personali: bene da sfruttare o ricchezza da tutelare? Consigli per le imprese e gli utenti

Dati personali: bene da sfruttare o ricchezza da tutelare? Consigli per le imprese e gli utenti

Un evento promosso dall’Istituto Italiano per la Privacy –

Si è tenuto il 21 maggio 2008, presso l’Hotel Bernini (P.zza Barberini) a Roma, l’aperitivo organizzato dall’Istituto Italiano per la Privacy. Il drink offerto dall’istituto è stato un momento di incontro, un social network, un’occasione per sensibilizzare su un tema tanto delicato come quello della privacy e della protezione dei dati personali.

Le imprese e gli utenti sono sufficientemente consapevoli e adeguatamente informati? Le aziende sono in grado di proteggere i dati dei propri utenti e questi ultimi sanno come tutelarsi o trarre vantaggio dalla commercializzazione che gli operatori ne fanno? Il vantaggio competitivo deriva dallo sfruttamento selvaggio dei dati o dalla loro tutela? L’IIP crede che la tutela della privacy possa essere un vantaggio economico, uno strumento competitivo. Nell’età dell’informazione i dati delle società e delle persone hanno un valore, spesso quantificabile e commerciabile. Per alcuni operatori sono uno strumento di mercato, un modo per fare profitti come ad esempio per chi opera in rete, i motori di ricerca, i fornitori di servizi di posta elettronica, e molti altri.

Secondo Luca Bolognini, Presidente dell’Istituto, “i dati personali valgono sempre di più e sono sempre più in pericolo nella nostra società. Lo straordinario sviluppo tecnologico, se da una parte tende a migliorare le nostre condizioni economiche e sociali, dall’altra solleva grossi interrogativi che riguardano la nostra sfera personale e la protezione dei dati sensibili, non solo a livello individuale, ma anche imprenditoriale e aziendale. La violazione dei dati delle imprese può rappresentare un enorme danno economico. Non sono solo le telecamere ad ogni angolo di strada o i video-telefonini a cui fare attenzione. Quando navighiamo su Internet, per esempio effettuando semplici ricerche nei motori, o quando facciamo la spesa in un supermercato con carte di raccolta punti, lasciamo tracce di ogni genere: operatori come Google immagazzinano le informazioni per 18 mesi e questo a nostro parere, benché legittimo, rappresenta un rischio da regolare più dettagliatamente. Non significa rifiutare la tecnologia come qualcuno potrebbe pensare, esattamente il contrario. Noi però chiediamo che l’utente sia informato costantemente e possa decidere cosa venga fatto dei propri dati in ogni momento. Questo oggi in rete è poco chiaro, e – come dimostra la recente pronuncia del Garante in materia di carte fedeltà nella grande distribuzione – il trattamento elettronico di dati sta diventando un problema anche off line”.